Ai primordi dello Human Beatbox

Abbiamo visto come lo Human Beatbox sia nato in America agli inizi degli anni ‘80 come pratica legata al mondo Hip Hop e di come possa essere facilmente riconducibile e talvolta confondibile con alcune tecniche vocali proprie del Jazz e del Blues come lo “Scat”. Spingendoci più a fondo con le dovute ricerche e approfondendo ulteriormente però, possiamo vedere come questa giovane disciplina abbia radici ben più antiche e di come alcuni rudimenti e pratiche di linguaggio ritmico siano presenti da sempre in tutto il mondo e in tutte le culture sin dai tempi più ancestrali.

I Trobador

Tornando indietro nel tempo, nella Francia meridionale del 1200 e del 1300, scopriamo i trovatori o trobadori ovvero dei poeti-musicisti nomadi che vagavano per le strade eseguendo i propri componimenti, che spesso presentavano brevi testi in rima a tema religioso, senza accompagnamento o con quello di un liuto (precursore della chitarra acustica moderna). Tra il 1400 e il 1500, i gruppi cantavano insieme armonizzando la musica ad una sola voce e per dare un senso di profondità, eseguivano brevi e secche note nitide secondo le melodie e alternandosi al canto, davano l’illusione sonora di trovarsi di fronte un intero gruppo ad esibirsi durante lo spettacolo. 

I Trobador si distinguevano dai menestrelli in quanto erano sia esecutori che compositori delle proprie opere e a dire il vero, li detestavano. Infatti tenevano particolarmente a sottolineare la distinzione tra un trovatore e un menestrello o giullare, con il chiaro intento di ristabilire gli ordini, questi ultimi erano soliti eseguire composizioni altrui condendo il tutto con canti, danze, balletti e acrobazie.

I primi segnali registrati di percussioni vocali nella storia sono proprio ad opera di questi zingari francesi ed esistono tuttora rare registrazioni e testimonianze di esecuzioni trobadoriche.

Classica

Con l’evoluzione della musica e il passaggio dal Medievale al Barocco, dal Barocco al Classico e poi ancora dal Classico al Romantico, si persero momentaneamente tracce della percussione umana. Mentre la musica si diresse verso Bach e Beethoven con oratori e sinfonie composte da decine di violini e archi, l’uso della voce umana fu resecato al solo scopo del canto nonostante più recenti compositori come Medtner e Rachmaninov ad esempio, usassero suoni privi di parole cantate nelle loro composizioni classiche. Ad esempio la composizione di Rachmaninov per voce e pianoforte chiamata “Vocalise”, scritta nel 1912, presentava una melodia pura che si dispiegava su armonie vocali e vocalizzi senza l’utilizzo di vere parole.

India del Nord

Nella musica indiana, soprattutto in quella del nord, veniva da secoli (se non millenni) usata una tecnica vocale simile allo Scat Jazz chiamata “Vocal Bols” e dal suono molto similare a quello di alcuni strumenti percussivi come le tabla. 

I Bols più comuni sono Dha, Dhi / Dhin, Ti / Tin, Ra, Ki, Ta, Na, Tin e Te. I Bols sono combinati e disposti in modelli a 4 battute chiamati “Thekas”, “Tal”. Ad esempio: “Ta Dhin Dhin Dha”. 

I Vocal Bols vengono tuttora usati da una vasta gamma di artisti e gruppi come gli Alms For Shanti nella loro traccia “SuperBol”. Sebbene questa tecnica non sia un’antenata strettamente correlata a quella del Beatboxing moderno, sicuramente troverà una fusione con il Beatboxing in un prossimo e non lontano futuro.

Canto Armonico

In Mongolia e in tutta l’Asia, ma anche in Russia e in Africa, sono noti alcuni stili di canto detto “Overtone Singing” o “Canto Armonico” che attraverso alcune particolari tecniche, permette ai cantanti di far risaltare gli armonici naturali della voce e di emettere e controllare contemporaneamente due o addirittura tre note di tonalità diversa (Diplofonia, Triplofonia e la tecnica similare della Flautofonia) e i più esperti, riescono anche a creare alcune precise melodie. 

Anche l’Italia con la Sardegna e i suoi Tenores con il loro tradizionale canto e gli Inuit canadesi utilizzano tecniche del tutto (o quasi) similari a quella del canto armonico. 

Africa, Americhe e Black Culture

Il Beatbox trova le sue origini nella Black Culture, è un linguaggio “nero”. In Africa, soprattutto nel Nord Ovest, il linguaggio “a click” veniva usato dagli indigeni attraverso tecniche similari al Beatboxing per andare a caccia o in guerra e attraverso un codice prestabilito mantenere segretamente una comunicazione funzionale confondendosi tra i suoni della natura evitando di farsi scoprire, spaventare o attirare l’attenzione di animali o nemici oppure di agire indisturbati e sorprenderli in attacchi e assalti improvvisi. Uno dei più grandi tesori dell’archivio sonoro della British Library  è un cilindro di registrazione del 1921 del Capitano Robert Sutherland Rattray, un amministratore coloniale della regina che visse a stretto contatto con la popolazione degli Ashanti del Ghana e volle catturare su cilindro alcune delle loro abitudini di vita, registrando una delle prime “talking drums” africane.

Quest’uso del senso del ritmo innato negli esseri umani era al pari di un codice morse, con l’aggiunta dei toni, che a seconda della loro frequenza alta o bassa, modificavano il significato della frase.)

 

La musica ritualistica africana utilizza tradizionalmente suoni prodotti dalla percussione del corpo per mantenere il ritmo, come ad esempio battitura e timbratura, includendo vocalizzi e rumori fatti con la bocca. La tecnica della respirazione forzata dentro-fuori (Loud in-and-out breathing) chiamata “Over Breathing” veniva usata come ritmo a due battute per indurre in uno stato di trance l’esecutore. Alcuni modelli di percussione vocale usati sono “Hup, Hup, Hup, Hup” e “Ch Ka Ch Ch”. Ancora oggi, nella musica dell’Africa Occidentale si utilizzano tecniche vocali che rendono intenzionalmente la voce roca, graffiante o distorta utilizzando addirittura tecniche tipiche della musica suonata come il glissando, il bend e lo sweep.

Nel 17° secolo le tratte degli schiavi africani approdarono nelle piantagioni in Giamaica e nelle Americhe, dove la musica africana venne altamente influenzata dalla musica folk e dalle brass band europee generando naturalmente nuove forme di musica, vale a dire il Jazz e il Blues.

Alla fine del 1880 e agli inizi del ‘900 i gruppi black (solitamente quartetti), cantavano acapella usando solamente le loro voci armonizzate per fare musica Doo Wop o Barbershop. Per l’esecuzione dei brani venivano utilizzate alcune tecniche vocali riconducibili a quelle del beatboxing moderno, come ad esempio l’esecuzione di note lunghe e basse e l’imitazione del contrabbasso, alcune percussioni vocali utilizzate per aiutare a mantenere il tempo come i click della lingua (Inward Snare) e il respiro affannoso. Anche se le percussioni vocali erano solamente lo sfondo di questo stile musicale, senza ombra di dubbio questo movimento fu precursore dell’ondata jazz, blues e swing che scoppio a qualche anno di distanza.

1800/1900

La nascita del Blues è strettamente correlata alla schiavitù subita dai neri e alle tratte verso le americhe che fecero si che la musica tradizionale africana si mescolasse a quella folkloristica locale. 

Sin dal XIX secolo in America tecniche simili al beatboxing venivano utilizzate in una moltitudine di generi musicali rurali sia da bianchi che da neri per canzoni religiose, Ragtime, Blues, Jazz, Doo Wop, Vaudeville e Hokum ed esistono reperti audio e video risalenti ai primi del ‘900, alcuni facilmente reperibili in rete facendo le dovute ricerche.

Gli schiavi raccontavano l’ansia della vita e solitamente erano sprovvisti di strumenti per cui i musicisti improvvisavano con quel poco che avevano, ovvero il loro corpo e le loro voci. Allorché mani sbattute, Clap e click diventarono tamburi e i toni bassi diventarono contrabbasso; l’essenza musica Blues e Jazz. L’evoluzione finale sfocerà nell’imitazione di molti suoni come il “shhhh” di un morbido snare e lo “tss” dell’Hit-Hat spazzolato. 

I gruppi Blues dell’epoca trovarono il modo di comporre la loro musica solamente con le loro voci e in seguito alla diffusione del genere, lo Scat e l’Humming diventarono tecniche ben note. I cantanti di fascia più alta si spinsero fino ad unire le note e cimentarsi nell’esecuzione di assoli di tromba facendone l’imitazione con la bocca. Immediatamente questa forma di percussione vocale divenne elemento fondamentale della cultura urbana, cioè di quella di strada. Gli artisti poveri vagavano le strade o si riunivano agli angoli della strada imitando trombe e sassofoni fuori delle sale del Jazz. Tra gli esempi dell’epoca si citano i “Mills Brothers”, i “Radio Revelers” e “Sonny Boy Williamson II”.

Curiosità

Tantissimi artisti noti hanno utilizzato forme di percussione vocale in loro produzioni musicali pur non conoscendo il Beatboxing e senza voler fare connessioni. Tra questi spiccano i nomi di Paul MC Cartney che le utilizzò in “That Would Be Something, dei Pink Floyd in Pow R. Toc H.”, di Mungo Jerry in “In The Summertime”, i cantanti Jazz Al Jarreau e Bobby McFerrin erano molto conosciuti ed apprezzati per le loro doti vocali, per il loro stile e le loro tecniche di canto che hanno avuto un impatto fondamentale nella nascita ed evoluzione di quelle utilizzate nella disciplina del Beatboxing. In particolare Bobby Mc Ferrin attraverso le sue sperimentazioni vocali e in canzoni come “Drive” e “Don’t Worry Be Happy” fece ben intendere le potenzialità espressive di quest’arte. Un altro grande sperimentatore della vocalità fu Demetrios Stratos, cantante degli Area che spinse i suoi studi ad un notevole livello di profondità. Il re del Pop Michael Jackson era solito creare dei demo utilizzando registrazioni di basi ritmiche fatte con la bocca da lui stesso per comporre le sue canzoni e utilizzava spesso tecniche di beatbox alternate al canto. Tra le composizioni più note “Billie Jean”, “The Way You Make Me Feel”, “The Girl Is Mine”, “Black Or White”, “Smooth Criminal” e altre.

L’attore tedesco Gert Fröbe, più conosciuto per aver interpretato Auric Goldfinger nel film di James Bond “Goldfinger” , faceva “beatbox” vocalizzando simultaneamente strumenti a fiato, corni e percussioni in un’altra interpretazione come Colonnello Manfred Von Holstein (simultaneamente vocalizzando strumenti corni e percussioni) in “Those Magnificent Men In Their Flying Machines” o “Or, How I Flew From London To Paris In 25 Hours 11 Minutes”, una commedia britannica del 1965. Un altro comico e performer di origine francese “Jean Yves Bonno” o “Bonneau” attivo tra gli anni ‘70 e ‘80 si esibiva suonando una chitarra acustica per mantenere il tempo ed interpretando vocalmente in maniera incredibilmente fedele tantissimi altri strumenti come l’armonica, la ghimbarda (o scaccia pensieri), il didjeridoo, il contrabbasso, il mandolino, il banjo, il violino e svariate tipologie di trombe creando delle vere e proprie canzoni. 

Per finire con le curiosità e tornando a tempi più recenti, nel film “Man in Black II” del 2002 si può ammirare il rapper e attore Will Smith duettare insieme a Biz Markie creando la scena di un simpatico discorso interamente fatto in Beatbox e sempre nello stesso anno vide la luce il primo documentario mai proiettato ed interamente dedicato alla disciplina dello Human Beatbox ovvero “Breath Control: The History of the Human Beat Box”, ad approfondire il tema come forma musicale.